martedì 19 marzo 2013

Voglio essere sincero ...

In questi giorni di fermento molti amici, tante persone che stimo profondamente, mi stanno cercando per discutere della situazione politica cittadina, forse anche per capire cosa farò, dove andrò ... È difficile trovare tempi e modi per esprimere le proprie idee in maniera approfondita, articolata e - speriamo - coerente. Per cui lo scrivo, sperando che questo possa essere sufficiente. Almeno per me lo è, la scrittura come forma di catarsi, di sfogo ... Ci provo.
Non andrò da nessuna parte, resto dove sono. Sono legato a tante persone nel PD, a vecchi militanti, a persone cui mi lega stima, affetto, anche un senso di fratellanza e cammino condiviso. Sono legato ad un'idea di cambiamento che passa attraverso l'esperienza di questo partito, radicato sul territorio: penso quando scrivo queste parole a Paola, a Luigi, ad Auro, a Mimma, ad Ilaria, ad Euro. Penso a mio padre. Penso alla gente con cui nel circolo ci confrontiamo ogni riunione. Ed è gente normale, gente che veramente vuole cambiare il paese. Gente che viene da esperienze forti di militanza nel PCI, gente che ha vissuto l'esperienza sofferta del movimento cattolico sociale, gente che si è avvicinata al partito per mille altri motivi. Poi penso agli amici del PD con cui abbiamo movimentato un po' questi mesi: a Antonio e a Stefano che conosco da quando si era bimbetti, noi di Santo Stefano, lui di San Pio X. Penso che ci siamo incrociati mille volte per poi capire a quarant'anni che abbiamo la stessa idea di mondo, o forse l'abbiamo sempre avuta e non ce ne siamo mai accorti. Penso a quelli che ho conosciuto da poco, Samuele, Miro, Federico. Penso a Emilio con cui ci scontrammo ai tempi della Rete. Penso a Fabiano e a quanto mi sarebbe piaciuto conoscerlo e frequentarlo prima. E penso che non mi vergogno neanche un po' di quello che ho deciso di fare, di come l'ho fatto di perché l'ho fatto. E non mi crea alcun problema il continuare a farlo all'interno del PD, di un PD fatto dalla gente e per la gente, lontano anni luce dall'idea che sta passando di un partito di apparato tutto proteso ad un'autoreferenzialità suicida. Poi l'ho detto e lo ripeto: tante cose non vanno, tante dinamiche sono da cambiare, tante parole di sinistra vanno dette (o ri-dette), anzi urlate (o ri-urlate). Va fatto a Roma e va fatto a Pisa: almeno mi sento tranquillo di averlo fatto e di averlo detto, anche di averlo urlato. E mi va di continuare a farlo, tranquillamente, senza cercare la luce della ribalta. Se c'è una cosa che devo a mio padre - fra tanti scontri ed incomprensioni - è il senso del servizio. Penso di essere l'unico presidente delle Acli che non ha fatto carriera politica: c'è chi dice che è perché sono un coglione, perché ci credo veramente, anzi perché ci sto male da quanto mi tuffo nelle cose. Alla fine non me ne frega più di tanto dei giudizi: l'unica entità a cui riconosco il diritto al giudizio è la mia coscienza.
Questi sono stati mesi per me di tensione politica e personale, di lacerazione di rapporti, di fatica della/nella mediazione. Non è per me il momento della fuga ma quello della testimonianza sofferta e coerente. E non per cercare visibilità (per inciso non ho intenzione di candidarmi a nulla).
Quindi cari amici (e compagni), è giusto che ognuno faccia la sua strada, quella dove il cuore e la testa vi porta. E credo che passato questo periodo ci sarà modo di camminare insieme. Ci credo, lo spero e dobbiamo tutti fare in modo che questo avvenga, senza sentirci pregiudizialmente "nemici". Io almeno la vedo così. Il nemico è un altro.
E contro quello dobbiamo essere pronti e vigili. Certo questo nemico si insidia anche tra di noi, si nutre del pregiudizio, si pasce dell'egoismo. Prolifera nell'ambizione. È su questo che dobbiamo mantenere lo sguardo attento e vigile, la coscienza critica anche quando la critica crea tensione e dolore. Per testimoniare almeno un po' di verità e di giustizia come ci chiede la storia e la nostra coscienza e, almeno per me, anche la fede.

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