mercoledì 13 marzo 2013

Quello che ho detto l'11 marzo all'Assemblea Comunale del PD


Secondo una delle analisi più lucide sul voto del 24 e 25 febbraio il confronto si è giocato lungo la linea cambiamento-appartenenza. Un quarto dell’elettorato ha lasciato le vecchie appartenenze e le vecchie categorie culturali, sociali e politiche ed ha scelto di mandare un segnale di cambiamento. L’altra parte del paese, quella maggioritaria, ha dato il proprio voto al partito e alla coalizione cui si sente legato con un voto inerziale che ha perpetuato un comportamento elettorale carico di delusioni e disincanti. È necessario provare a cominciare a leggere la realtà con occhi diversi accettando una dimensione nuova in cui l’appartenenza è fluttuante, liquida. E dobbiamo, credo, mettere da parte le nostre certezze e partire da zero da una tabula rasa sulla quale ricostruire un percorso. Non credo sia il momento dei distinguo: serve l'umiltà e la fatica del costruire la categoria del nuovo tutti insieme. Se abbiamo perso lo abbiamo fatto tutti e da qui dobbiamo ripartire. Condividiamo infatti con orgoglio e consapevolezza il sentirci parte di un movimento popolare riformista di ispirazione socialdemocratica, europeista, che incarna e rielabora due tra le culture fondanti le democrazie del XX secolo: il marxismo ed il cattolicesimo sociale. È da lì che dobbiamo ripartire, dal capire insieme come rendere attuali, moderne, vincenti istanze ideali e valori universali, come presentare una buona e nuova politica, buone e nuove pratiche, che vedano il servizio, la gratuità, la partecipazione come caratteri fondanti. E che vedano nel partito un luogo di confronto e partecipazione aperta, non un’entità chiusa. impermeabile, dogmaticamente intesa. Rischiamo altrimenti la morte della politica come “forma più alta di carità”, spazzata via da un rifiuto che sfocia in un obliquo modello latamente eversivo teso a superare il concetto di democrazia rappresentativa. Penso, amici e compagni, ad un modello "di tendenza", correttamente rivolto a proporre nuovi strumenti di partecipazione con un partito mediatore di una trama istituzionale chiara ma aperta. Un modello difficile, ma veramente innovativo, da perseguire con grande energia.
La nostra proposta deve suscitare consenso e successo presso ambienti e soggetti che il partito riesce marginalmente a intercettare e rappresentare per molti motivi. Si tratta di persone e sensibilità provenienti anche da mondi vitali, ben inserite in un contesto riformista e progressista, ma lontane dalla forma istituzionale del partito. Pensavamo a questi mondi quando con amici e compagni di varia estrazione abbiamo tentato di spingere il PD a una discussione interna su temi come il ripensamento del modello di sviluppo, le politiche di inclusione, la trasparenza di scelte, atti e processi amministrativi. Siamo consapevoli di aver commesso errori che hanno nuociuto alla serenità del dibattito nel partito. Alcuni passaggi e toni nella nostra critica sono stati sbagliati ed hanno portato la dialettica politica ben sotto il confine della correttezza. Rivendichiamo però un ruolo importante nell’aver aperto un dibattito forte dentro e fuori il partito che che oggi ci porta tutti a condividere l’esigenza di un cambio di passo. Se la critica è costruttiva e motivata, può essere un prezioso contributo al miglioramento della proposta civile, del vivere comune e della crescita civile e sociale. Così come è fondamentale una classe dirigente che abbia la capacità di ascoltare anche contributi apparentemente divergenti. 
Troviamo oggi nel documento politico programmatico di Marco Filippeschi, aperto a chi "voglia far convergere il proprio contributo", temi e contenuti apprezzabili ed innovativi. Ad esempio, il piano strutturale di Area e il rilancio del litorale, le regole per il recupero urbano, il "patto di comunità", l’attenzione alle periferie, la presa di posizione su procedimenti trasparenti e criteri di ricambio nelle nomine. La sottolineatura della difesa dei beni comuni ed il riconoscimento di uno sviluppo che guardi alla compatibilità ambientale a volumi “zero” e sono passaggi importanti che auspichiamo non restino enunciati di principio. Proprio per questo pensiamo che ci siano alcuni elementi che dovrebbero essere posti al centro dell’agenda a cominciare da una revisione critica che auspichiamo porti alla rinuncia al progetto di insediamento di un’area congressuale all’aeroporto Galileo Galilei; e ancora: un rilancio dell’attività di raccolta rifiuti porta a porta; lo stop al consumo di terreno agricolo; la difesa dei beni comuni, primo fra tutti l’acqua che deve rimandere un bene assolutamente pubblico; una miglior programmazione, peraltro prevista nel piano di area vasta, tra i comuni della cintura su mobilità, rifiuti, servizi al cittadino, identità culturale. È importante che il rinnovamento che si intravede incida anche su un nuovo modello di rapporti tra politica ed amministrazione, che talvolta sono apparsi poco fluidi ed equilibrati. In questo quadro è auspicabile che la prossima amministrazione si dia un regolamento per le nomine in enti e società partecipate che faccia del merito, della trasparenza e della responsabilità i tre cardini fondamentali, per far sapere ai cittadini che abbiamo recepito la richiesta di un cambio di passo verso la nuova politica.
Sempre a proposito dell’aeroporto, senza entrare nel merito del complesso dibattito sulla società unica, è da valutare una politica commerciale volta ad un maggior equilibrio tra vettori – low cost e non – per evitare quanto accaduto ad esempio al Catullo di Verona che avrebbe effetti devastanti sulla situazione economica cittadina e sugli investimenti del People Mover.
Le direttrici di sviluppo dei prossimi anni passano prima di tutto dalle energie alternative e dal risparmio energetico, dalla mobilità, dal recupero delle risorse e dalla riqualificazione degli edifici e delle infrastrutture materiali e immateriali, dal turismo sostenibile e verde. In questo senso riteniamo prioritario penalizzare i "consumi" inutili, riqualificare energeticamente gli immobili, ridurre gli imballaggi e gli sprechi. Allo stesso modo perché non investire in un maggior ruolo pedagogico e didattico dell'ente Parco e delle utilities partecipate per l'educazione di un cittadino più consapevole, a partire dalle scuole?
Ci sono molte altri temi e proposte che riteniamo qualificanti come la programmazione a medio e lungo termine del trasporto pubblico urbano e suburbano; l’individuazione di un modello di turismo più consapevole che parta dalla valorizzazione delle eccellenze, prima tra tutte il Parco di San Rossore ed il nostro litorale: in questo senso è per noi non percorribile ogni ipotesi di asfaltatura delle cosiddette strade bianche che collegano l’abitato di Marina alla pineta e alla campagna o di costruzione di nuove strade nella pineta; ancora, il rafforzamento di un dialogo con tutte le istanze che in città pongono il problema degli spazi di socialità (pensiamo al Teatro Rossi o al Municipio dei Beni Comuni). La linfa vitale di una città passa dal suo essere e sentirsi una comunità coesa e solidale. Pisa vive oggi lacerazioni che l'amministrazione deve governare investendo nella partecipazione, nella sussidiarietà che il terzo settore esprime, definendo e garantendo i livelli essenziali dei servizi che essa si impegna ad assicurare. Sono questi gli elementi essenziali su cui fondare un nuovo patto sociale, perché nel dialogo e nel confronto possa ricostruirsi un progetto condiviso di società. Allora una città accogliente aiuta i bambini, i cittadini di domani, ad andare a scuola senza distinzione basata sul possesso del permesso di soggiorno o la regolarità dell'abitazione che i genitori sono in grado di garantire. Una città coesa investe nei quartieri, nelle periferie, per creare spazi aperti di aggregazione e partecipazione: le scuole, le circoscrizioni, ogni edificio pubblico può e deve diventare uno spazio dove l'incontro, e le possibilità di ascolto si moltiplicano, dove si pratica la solidarietà e la gratuità, dove poi l’amministrazione fa una sintesi nell’interesse della collettività. Una città che non teme di affrontare i problemi complessi del territorio supera l'esperienza delle ordinanze ed investe nella mediazione, mettendo al centro del sistema le persone, perché gli ultimi – al pari dei cittadini – sono sempre persone che hanno dignità ed umanità. Una città che promuove benessere pratica l'integrazione delle politiche, pianifica il territorio pensando primariamente alla salute, consolida le reti di buone prassi ed investe in prevenzione assumendosi l'onere di assicurare servizi equi ed accessibili per tutti i cittadini. In sintesi ci piacerebbe che nella nostra immagine di città ci fosse spazio per una “Pisa città dell’uomo a misura d’uomo”. Come diceva Lazzati infatti “con questa espressione poniamo subito l’uomo al suo posto e si può su di esso fissare l’attenzione come su colui dal quale la città prende vita e verso il quale la città è volta come a proprio fine”.
Ed è per tutto questo che speriamo sinceramente possano essere avviati dei reali e leali percorsi di condivisione degli elementi programmatici che ho illustrato perché possano trovare spazio nel programma di mandato, per garantire al Partito Democratico un successo il più ampio possibile. In questo senso riteniamo che l’allargamento della coalizione a Sinistra e Libertà rappresenti un passo importante che interpreta un sentire diffuso nonché l’esigenza strategica di conformarsi alla realtà politica nazionale e locale. È necessario che in campo scendano tutte le forze responsabili e che si presentino alle elezioni portando insieme contenuti e volti: persone credibili  e rappresentative che tolgano quanto spazio possibile al Movimento 5 stelle e al suo qualunquismo.

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