venerdì 26 aprile 2013

Cartellino rosso (not in my name)




In tanti anni di onorata carriera pallavolistica come giocatore prima, poi come allenatore, mai un'espulsione. Varie ammonizioni si, anche una diffida (da allenatore sono diventato assai incazzereccio, ho un rapporto un po' difficile con la classe arbitrale), ma mai un cartellino rosso. Nella pallavolo poi esistono sia l'espulsione temporanea che quella definitiva, ed è uno sport che tiene molto alla disciplina in campo e al rispetto. Tant'è che l'allenatore non può neanche parlare con l'arbitro: è il capitano che tiene i rapporti con il fischietto ...
Insomma, vuoi vedere che la prima espulsione la becco da quelli del PD. E che cazzo, espulso da Boccia e Franceschini, che tristezza! Un po' come l'espulsione di Totti al mondiale coreano per mano dell'ineffabile Byron Moreno ... Ti prendono per il culo una vita ...


Ma proviamo a fare qualche considerazione. Il motivo dell'espulsione è un gravissimo fallo di gioco: il voto contro la eventuale fiducia al nascente Governo Letta (nello specifico da parte dei pericolosi estremisti Civati, Puppato, Gozi ... noti membri di collettivi riconducibili al mondo antagonista di sinistra).
Le posizioni di Pippo sono ben note e per chi le volesse approfondire rimandiamo al suo blog ciwati.it.
Io mi limito a tre osservazioni/questioni:
a) Il metodo. Mi farebbe piacere che qualche dirigente, militante, simpatizzante, al limite anche il portiere o la donna delle pulizie della sede nazionale mi dicesse in quale sede e con quale metodo sono state maturati i passaggi successivi alla trombatura di Romano Prodi. Nell'ordine: immediata corsa al Quirinale per chiedere la ricandidatura di Napolitano ed indicazione del partito del nome di Enrico Letta. Nell'assemblea dei grandi elettori si è votata la rielezione di Napolitano, per esplicita ammissione di molti, senza neanche attendere che tutti i grandi elettori stessi fossero presenti. Il partito ha soltanto convocato una direzione lampo dalla quale sono emersi due punti: conferma delle dimissioni di Bersani (che ha taciuto più che detto) e immediata quanto intempestiva minaccia di espulsione a chi avesse remato contro. Evitiamo di parlare di democrazia interna ma scusate: chi cazzo ha deciso una linea che è totalmente contraria non solo a quanto emerso dalle primarie in cui hanno votato 3 milioni di elettori e simpatizzanti, ma anche a quanto detto, ripetuto e stradetto dai nostri dirigenti (vedi post di Pippo Civati di oggi per eventuale didascalica conferma)?
b) L'ipocrisia. Mi spieghino in rigoroso ordine cronologico Franceschini, Boccia e Serracchiani per quale motivo si espelle chi come i suddetti dichiara onestamente e democraticamente la propria contrarietà ad un percorso maturato in termini non propriamente partecipativi mentre nessuno pone il problema dei famigerati 101 (non i cuccioli dalmata del famoso film ...). Stefano Ceccanti l'altra sera ha spiegato chiaramente che secondo i regolamenti parlamentari il voto segreto sulle persone non è sanzionabile (e ci credo, chiappali ...), mentre il voto palese sulla fiducia lo è in quanto supremo atto politico ecc. Ho capito, come al solito i furbi e gli stronzi salvano il culo (e magari diventano ministri), i fessi e gli onesti pagano per tutti ... Bell'esempio di democrazia e partecipazione e soprattutto cambiamento.
c) Il senso politico. Nessuno ha ancora spiegato a noi poveri inutili e fors'anche mentecatti iscritti della base (che palle 'sta base!!!) perché il PD non ha votato Stefano Rodotà aprendo la possibilità di un reale percorso di cambiamento. Credo abbia ragione Michele Serra: è stata una scelta.



E allora, cazzo, ditelo!!! Nelle forme e nei modi che volete ma diteci la verità! La quale tempo farebbe male a molti. Il dato è chiarissimo ed incontrovertibile: siamo al nodo cruciale. Lo scontro è tra chi vuole un PD moderato, magari più vicino al PPE o ad una forza intermedia, così da salvaguardare e perpetuare l'autoreferenzialità dei gruppi dirigenti centrali e locali che ormai rappresentano spesso solo sé stessi e chi invece vuole un partito di sinistra, moderno, saldamente europeista ma anche fortemente riformista in campo economico e sociale, magari sulla linea del Partito Socialista francese di Hollande. Forse faceva paura proprio questo: già ce li vedo Fioroni e Boccia che votano un Rodotà paladino dei diritti di genere e individuali. Oppure un D'Alema che fa l'accordo con M5S e poi viene travolto da un vero cambiamento culturale e politico.

Sinceramente vedo e sento molti compagni nei circoli che rifiutano di ragionare in questi termini e pongono da un lato l'infallibilità del partito (oh sveglia, siamo nel 2013!) dall'altro l'interesse supremo del paese richiamando il compromesso storico di Berlinguer.
Faccio gentilmente notare che Berlinguer aveva come interlocutore la DC di Moro e Zaccagnini, mica il nano, Alfano e Brunetta. Per cortesia non confondiamo la merda col cioccolato. 
E termino - come chiosa - con quello che ho postato qualche giorno fa su FB:
Scusate ma io come elettore del Pd, tutto sommato neanche tra I più ideologizzati, cosa avrei da spartire con chi ha coperto i picchiatori della Diaz, gli assassini di Aldrovandi, con la xenofobia della Lega, con chi ha voluto la Bossi-Fini, i respingimenti, i Giovanardi, i Fiorito, gli Alemanno, i Sallusti ... E tralascio il folklore, la nipote di Mubarak, il bunga bunga, l'assedio al tribunale di Milano ... Perché, scusate, se il nano avesse vinto il 24 febbraio oggi chi avremmo Presidente? Se ci andava bene Pera. Vorrei capire, il fatto che io con questi non voglia avere nulla a spartire mi connota come antidemocratico? In quel caso orgoglioso di esserlo! Poi io avrei votato da subito Rodotà ma questa è un'altra storia.
Quindi ... not in my name!


sabato 20 aprile 2013

Perderemmo anche con l'Inter ... ovvero la sindrome del Tafazzi

L'altra sera ho sentito da Alex Braga una battuta a mio avviso mitica: "in questo momento il PD perderebbe anche con l'Inter". Da antico interista sono abituato a sconfitte, delusioni e prese per il culo ... Da oggi (no, sbaglio, in realtà da tempo ...) posso sommare alla fede interista anche la militanza nel PD come fonte di tafazzate.
Ciò premesso, e per fortuna ho ancora la capacità di non prendermi sul serio, mi pare assolutamente evidente un dato.
L'Italia subisce dal '94 una deriva di irrigidimento ideologico e culturale che è da un lato dovuta al venir meno per autoimplosione dei tradizionali partiti di massa; dall'altro dall'emergere del fenomeno Berlusconi che ha agito su tre fondamentali direttrici:
a) l'anticomunismo viscerale di buona parte dell'elettorato italiano
b) l'antistatalismo altrettanto viscerale di altrettanta buona parte dell'elettorato italiano
c) le rendite di posizione di cui godono categorie sociali bene identificate.
Ha di fatto messo in pratica una lotta di classe alla rovescia che ha goduto di alcuni formidabili alleati in primis il partito democratico stesso che ha mascherato le sue contraddizioni con un antiberlusconismo di facciata che nei fatti però si è trasformato in un abbraccio mortale in nome (cito in ordine sparso) del senso dello stato, dell'unità nazionale del senso di responsabilità ecc.
Il PD - o buona parte di esso, in primis molta della nostra classe dirigente - ha accettato, anzi si è adeguata ad una deriva di immoralità, corruzione, mancanza di eticità, autoreferenzialità ed autoriproduzione del potere ...
La questione morale che dovrebbe essere uno dei capisaldi della nostra azione civica e politica è diventata un fastidioso inciampo e chi la richiama (minoranze, sinistra, popolo viola, lo stesso M5S) è visto come rompicoglioni o pericoloso sobillatore.
Leggete quello che scrive Panebianco oggi sul Corriere (Corriere.it, 20 aprile): 
"Immaginiamo che cosa sarebbe accaduto se Prodi ... fosse stato eletto con i voti determinanti dei 5 Stelle ... la combinazione fra il suo lungo passato di leader di successo del fronte antiberlusconiano e le modalità della sua elezione avrebbe pesato sull'intero settennato. Eletto da una parte contro l'altra, avrebbe dovuto tenerne conto. E, a causa di quel vizio d'origine, mezzo Paese (quello che non ha votato Grillo né Bersani) non lo avrebbe mai riconosciuto come il «proprio Presidente». Il rischio, per il Paese, sarebbe stato quello di scivolare verso una situazione «venezuelana». Già la scelta aventiniana fatta da Pdl e Lega alla quarta votazione evocava brutti scenari ... C'è poi una diffusa incapacità/indisponibilità (anche fra le élite ) a capire le vere regole della democrazia rappresentativa. Se si sceglie la politicizzazione della Presidenza bisogna trarne le conseguenze: il presidente della Repubblica può essere il frutto di una scelta partigiana (guelfi contro ghibellini, blu contro bianchi, eccetera) solo se egli prevale in una competizione aperta i cui arbitri siano gli elettori. La presidenza politica è incompatibile con il parlamentarismo. È però in qualche modo tragico il fatto che proprio coloro che sembrano tuttora orientati a favore di una scelta partigiana siano gli stessi che più si oppongono all'elezione diretta del presidente. È questo impasto di inconsistenza culturale e di partigianeria cieca che, spesso, fa morire le democrazie". 
Trovo in queste parole il senso vero del momento: uccidere la sinistra (anche se in parte ci siamo già riusciti da soli) tacciata di inconsistenza culturale (abbiamo a che fare con Premi Nobel: Casapound o La Russa); sembra quasi che questo pseudo-editoriale sia stato dettato da qualcuno dei massimi dirigenti del Partito; leggete questa frase:
La malattia del Pd: constatato di che pasta fosse fatto ormai il gruppo dirigente si capisce meglio perché l'anima profonda del partito, la sua vera base (non quella finta, mediatica), sia sempre stata, per anni, prevalentemente dalemiana. Perché Massimo D'Alema è stato l'unico a ereditare non solo i limiti ma anche le virtù (forza, serietà, realismo, indisponibilità a piegarsi ai diktat di piazza o di giornali e intellettuali fiancheggiatori) che caratterizzarono molti del gruppo dirigente del Partito comunista. Quelli, a differenza di questi, «davano la linea», non se la facevano dare.
Mi spiego: è evidente che - con enormi nostre responsabilità ed omissioni (vedi nomi citati) - esiste un unico responsabile della situazione sociale, politica e forse anche economica in cui versa il paese e questo è Silvio Berlusconi. Ribadisco cosa ho scritto ieri in un post:
Scusate ma io come elettore del  Pd, tutto sommato neanche tra I più ideologizzati, cosa avrei da spartire con chi ha coperto i picchiatori della Diaz, gli assassini di Aldrovandi, con la xenofobia della Lega, con chi ha voluto la Bossi-Fini, i respingimenti, i Giovanardi, i Fiorito, gli Alemanno, i Sallusti ... E tralascio il folklore, la nipote di Mubarak, il bunga bunga, l'assedio al tribunale di Milano ... Perché, scusate, se il nano avesse vinto il 24 febbraio oggi chi avremmo Presidente? Se ci andava bene Pera. Vorrei capire, il fatto che io con questi non voglia avere nulla a spartire mi connota come antidemocratico? In quel caso orgoglioso di esserlo! Poi io avrei votato da subito Rodotà ma questa è un'altra storia.
Il problema mi pare proprio quello della incapacità da parte del PD, per paura, per interesse, per calcolo, per incapacità, di capire che la propria base (attenzione, quella vera, non quella prezzolata e collusa) non ne può più di senso di responsabilità, di senso dello stato, di unità della nazione. Vuole sentirsi sinistra:


Questa, secondo Panebianco, ma anche secondo buona parte dei nostri dirigenti, sarebbe la nostra colpa: essere mediatici (ma che minchia vuol dire?), non rappresentare nessuno (appunto, ma voi cosa o chi rappresentate? Mussari?) strizzare l'occhio a sinistra (innegabile, guarda un po'; meglio guardare a destra? Salvo poi accorgersi che a sinistra votano Grillo?). Ce lo siamo sentito dire a Roma, ce lo siamo sentito dire a Pisa (toh, ribadisco, la nemesi dei 101: "chi di 101 ferisce di 101 perisce ..").

Insomma per farla breve: o il PD (o meglio quel che resta del baraccone) gira a sinistra e lo fa con le palle, oppure meglio far festa. Trovo che ci siano tantissimi elementi di contatto con Sel, con Rivoluzione Civile, con il M5S: senso di una morale civile, pacifismo, tutela del territorio, ambiente, modelli di crescita, sobrietà della politica ... Quello che ci divide sono le etichette. Io credo che dobbiamo cominciare realmente a superare le etichette; scrive oggi un bel post Andrea Paganelli (altro pericoloso estremista ...):


Quello che è successo si cercherà di superarlo (e anch'io alla fine darò il mio contributo, quando sarò più sereno). Ma non dovrà essere minimizzato assolutamente. Il 25 aprile che si avvicina mi fa tornare in mente Porzus, partigiani uccisi a tradimento da altri partigiani, per ragioni non attinenti alla lotta che li accomunava. Prodi non è un partigiano qualsiasi, è il fondatore della "brigata", l'ideatore e il fondatore dell'Ulivo prima, e del PD dopo. È Come se il PCI avesse buttato a mare Gramsci...... Allora... A Porzus i superstiti raccolsero i propri morti e si presentarono alla liberazione di Milano accanto a coloro che erano comunque al corrente di quel misfatto, lo fecero per il bene del paese, che poi insieme ricostruirono. Ma l'errore fatale per tutti noi sarebbe invece di minimizzare queste cose, sperando che vengano velocemente accantonate, se l'intento sarà questo penso che non ce la faremo. Rodotá o non Rodotá.
Mentre scrivo questo post arriva la mail di una compagna che decide di restituire la tessera; la leggo e non posso non condividerla. Ne cito alcuni passi:
Il M5S ha tirato fuori un candidato che faceva pienamente parte della tradizione della sinistra. Il fatto che l'abbiano fatto loro con le Quirinarie e non noi è già un segnale. Ma quando questo nome è stato fatto, noi - lalleri e giulivi - abbiamo tirato fuori dal cappello Marini, per di più con una modalità che gridava forte e chiaro all'accordo sottobanco. La sollevazione del web ha impedito il pastrocchio numero uno. Allora si mette in campo Prodi (che a me sarebbe potuto andare bene, anche se preferivo Rodotà o Zagrebelsky), se non altro inviso al PDL (quindi, niente accordo sotto banco). Sono mancati 100 voti, di deputati che non hanno avuto il coraggio di dire apertamente (come sarebbe opportuno fare in democrazia): "non lo vogliamo per le seguenti ragioni". Resta da capire (ma temo si capisca molto bene) per quale motivo il nostro segretario si sia umiliato sino al ridicolo per farsi votare la fiducia da Grillo e poi - quando un voto a Rodotà (parliamo dell'ex - presidente del PDS, non di uno che passa per la strada!) poteva aprire ad una collaborazione con il M5S, si è tirato indietro. Napolitano accetta, immagino che verrà rieletto oggi pomeriggio. Premesso che nulla ho contro Napolitano, questo per me è il de profundis della democrazia parlamentare, e naturalmente di un partito, il PD, ormai completamente disancorato dalla realtàIo mi vergogno dei nostri parlamentari, mi vergogno di un gruppo dirigente autoreferenziale, litigioso, che evidentemente tutto aveva a cuori fuorché il bene del paese. Dato che per ragioni programmatiche non potrò mai votare M5S (troppi punti sono vaghi e molti sono del tutto folli), non mi resta che sperare che si riesca, nel prossimo futuro, a immaginare una nuova forma di partito / movimento, nel quale finalmente si ascoltino le persone (senza finzioni tipo streaming, utilizzato solo quando fa comodo), che si radichi davvero sul territorio e capisca i bisogni delle persone. Questo il PD non ha saputo farlo, e di questo ha una gravissima responsabilità politica.
Ecco, e concludo proprio qui: sono mesi che prendiamo schiaffi (vero A proposito di Pisa?) proprio perché diciamo queste cose; a questo punto prendiamo atto: la crisi è di sistema? Ok prendiamolo in mano questo sistema! O si cambia o si muore: poiché non ho alcuna intenzione di morire, tanto meno per mano della destra, penso sia il caso di cambiare; e credo sia il caso, da domani, di fottercene di tutto e di tutti e di accelerare il cambiamento. Tempo non ce n'è più.