venerdì 29 marzo 2013

Venerdì di Passione ...

Possiamo dire le cose come stanno: con i fascisti e gli sfascisti andateci voi al governo! Ci accusate di irresponsabilità? Ma dove eravate quando venti anni di governo del nano hanno distrutto la coscienza civile e civica del paese, oltre all'economia, alla sanità, all'istruzione, all'occupazione ...? Dove eravate quando questo paese riscopriva la sua anima più marcia, quella che riporterà una destra arrogante e nostalgica al potere e finalmente riuscirà a togliersi i comunisti di torno? Perché questo è il vero problema in Italia, non Berlusconi, non la corruzione, non l'arroganza del potere politico ed economico, non la massoneria che governa le nostre città: togliere di mezzo i komunisti! Renderli dei reducisti, dei giapponesi che difendono l'atollo del Pacifico. Uccidere ogni prospettiva di sinistra riformista: così egoismi, razzismi, liberismi, menefreghismi avranno piena dignità e governeranno i rapporti sociali. Sarà la politica vera del vaffanculo e del fotti (senza neanche chiagnere). Noi non ci saremo, non ci staremo: faremo forse una brutta fine, ma lo faremo con la stessa dignità e la stessa coscienza libera di coloro che permisero a questo cazzo di paese di essere - forse solo formalmente - libero: giovani comunisti, cattolici, azionisti, di giustizia e libertà. Penso a quanti liberali - Duccio Galimberti in testa - capirono subito da che parte stare, e penso oggi quanti ipocriti si riempiono la loro bocca bavosa con la parola "liberali". E sinceramente tutto quello che mi circonda mi fa sempre più schifo. Pasqua vuol dire passaggio: mi sembra che questo paese, ricattato, maltrattato, violentato, stia vivendo la sua passione e il suo passaggio, ma non di resurrezione, bensì verso una lunga notte che lo/ci attende.

giovedì 21 marzo 2013

Un commento sulle primarie (sul blog di Luca Daddi)

La querelle fra due che sono tuoi amici è sempre antipatica da commentare. Però in questo caso sto con Federico. Le primarie chieste oggi sanno di risposta strumentale a un disagio espresso dall'elettorato che - diciamolo - ci ha dato un discreto segnale, anche a livello locale. Forse i segnali di quel disagio andavano colti quando emersero già all'interno del partito. Allora si sarebbe scelto un percorso lineare: primarie per il sindaco - primarie per i consiglieri. Si è scelto un altro percorso, peraltro legittimamente, con un voto pressoché unanime dell'assemblea comunale che è stato rispettato anche da chi, come me, si è battuto per l'ipotesi contraria. Tornare indietro oggi significherebbe rincorrere - ripeto, a mio avviso con una certa dose di strumentalità - una partecipazione che per altri versi è stata almeno parzialmente negata. Se però, come dice giustamente Federico, le primarie sono propedeutiche ad un rafforzamento e ad una qualificazione della squadra allora siano fatte, però consapevoli di una certa schizofrenia insita nel ragionamento e nel percorso. Peraltro nell'ultima assemblea comunale del PD non mi è parso di cogliere questo generale travolgente entusiasmo per queste primarie ...

http://daddi-livorno.blogautore.repubblica.it/2013/03/21/nel-pd-duello-tra-tognocchi-e-russo-sulle-primarie-a-targhe-alterne/

Le idee di "A proposito di Pisa" in vista delle elezioni amministrative 2013


Contributo programmatico di “A Proposito di Pisa” alle forze progressiste

L’esito delle elezioni nazionali ha reso evidente la distanza dei cittadini dalla politica tradizionale e dai suoi riti autoreferenziali. Il deludente risultato del centrosinistra, proprio nel momento in cui le difficili condizioni sociali dovrebbero premiare chi difende il lavoro, indica che i partiti del campo progressista sono percepiti ormai come forze di conservazione, incapaci di interpretare un Paese profondamente cambiato. Sarebbe illusorio pensare che questa crisi di credibilità non riguardi anche il livello di governo locale. Crediamo perciò che soltanto con uno sforzo di radicalità e di chiarezza nelle scelte programmatiche si possa arrestare il processo di erosione del consenso verso i partiti che è già in atto. Partendo da queste riflessioni e dalle iniziative promosse in questi mesi, l'associazione “A Proposito di Pisa” propone all'attenzione delle forze progressiste alcuni punti qualificanti per un programma di governo cittadino. 
Sociale 
La linfa vitale di una città passa dal suo essere e sentirsi una comunità coesa e solidale. Pisa vive profonde lacerazioni che l'amministrazione deve governare investendo nella partecipazione, sulla sussidiarietà che il terzo settore esprime, definendo e garantendo i livelli essenziali dei servizi che si impegna ad assicurare. Sono questi gli elementi essenziali su cui fondare un nuovo patto sociale, perché nel dialogo e nel confronto possa ricostruirsi un progetto condiviso di società. Allora una città accogliente aiuta i bambini, i cittadini di domani, ad andare a scuola senza distinzione sul possesso del permesso di soggiorno o la regolarità dell'abitazione che i genitori sono in grado di garantire. Una città coesa investe nei quartieri, nelle periferie, per creare spazi aperti di aggregazione e partecipazione: le scuole, le circoscrizioni, ogni edificio pubblico può e deve diventare uno spazio in cui l'incontro e le possibilità di ascolto si moltiplicano, dove si pratica la solidarietà e la gratuità. Una città che non teme di affrontare i problemi complessi del territorio, evita le scorciatoie, supera l'esperienza delle ordinanze e investe nella mediazione, mettendo al centro del sistema le persone, perché gli ultimi - al pari di tutti i cittadini hanno dignità e umanità. Una città che promuove benessere pratica l'integrazione delle politiche, pianifica il territorio pensando primariamente alla salute, consolida le reti di buone prassi e investe in prevenzione assumendosi l'onere di assicurare servizi equi e accessibili per tutti. 
Trasparenza 
La trasparenza è il miglior antidoto contro la sfiducia nella politica, oltre ad essere una condizione essenziale per garantire l'efficienza della macchina amministrativa. Spesso le zone di confine tra politica e amministrazione sono quelle il cui controllo è più difficile. Le amministrazioni locali, che contribuiscono a nominarne i vertici, devono adottare tutte le misure perché le scelte siano basate esclusivamente sul merito ed estranee ad ogni scambio politico. Per questo è necessario che la prossima amministrazione adotti un regolamento che promuova pubblicità e trasparenza, introducendo delle procedure che incoraggino a candidarsi per le posizioni aperte chiunque abbia competenze documentabili corrispondenti ai profili richiesti. Seguendo le migliori esperienze nazionali chiediamo che si formino commissioni di esperti indipendenti per scremare le candidature, che i CV dei candidati e gli atti relativi alla nomina siano pubblici e consultabili, che le commissioni consiliari possano audire le persone che il sindaco intende nominare e che l'anagrafe reddituale e patrimoniale, già obbligatoria per gli amministratori, sia estesa ai nominati. 
Ambiente, territorio, turismo 
Lo sviluppo intelligente è quello che migliora la qualità della vita delle persone con scelte sostenibili per l'ambiente. Crediamo nelle attuali condizioni economiche sia da privilegiare la scelta del recupero e della riqualificazione delle aree già urbanizzate e degli edifici dismessi, prevenendo l'uso di territorio attualmente non urbanizzato. La politica dello sviluppo a volumi zero può essere vincente, ma deve riflettersi in azioni conseguenti: le scelte su come realizzare il nuovo palazzo dei congressi e il parco cittadino di Cisanello sono un primo banco di prova per dimostrare questa nuova filosofia. Il territorio della nostra città è in gran parte compreso all'interno di un parco regionale, la cui presenza ha un'incidenza qualitativa straordinaria nelle politiche per la destinazione di uso del territorio, oltre a costituire un'importante opportunità sia per la qualità della vita dei residenti sia per le attività economiche che dal parco traggono beneficio. In questi anni non si è sviluppato pienamente il potenziale positivo di queste risorse; ci sono spazi per cogliere la dinamica tumultuosamente in crescita dei nuovi segmenti del turismo sostenibile basati su un uso non erosivo dell'ambiente: mobilità dolce, vie d'acqua, piste ciclabili, trekking, ricettività diffusa. Questi indirizzi devono avere uno spazio maggiore, per costituire freno e correttivo rispetto al modello che in questi anni si è voluto privilegiare, con la costruzione di seconde case, mega strutture ricettive, uso intensivo degli arenili, incoraggiamento della mobilità su auto con la costruzione di parcheggi e proposte di nuove strade. La stessa questione dell'uso degli arenili dovrà essere sottratta al vicolo cieco della Bolkenstein, e raffrontata mettendo al centro una proposta di turismo in cui la cura del bene comune, la spiaggia, torni a essere affrontata come questione di programmazione locale e non come se le spiagge fossero commodities


martedì 19 marzo 2013

Voglio essere sincero ...

In questi giorni di fermento molti amici, tante persone che stimo profondamente, mi stanno cercando per discutere della situazione politica cittadina, forse anche per capire cosa farò, dove andrò ... È difficile trovare tempi e modi per esprimere le proprie idee in maniera approfondita, articolata e - speriamo - coerente. Per cui lo scrivo, sperando che questo possa essere sufficiente. Almeno per me lo è, la scrittura come forma di catarsi, di sfogo ... Ci provo.
Non andrò da nessuna parte, resto dove sono. Sono legato a tante persone nel PD, a vecchi militanti, a persone cui mi lega stima, affetto, anche un senso di fratellanza e cammino condiviso. Sono legato ad un'idea di cambiamento che passa attraverso l'esperienza di questo partito, radicato sul territorio: penso quando scrivo queste parole a Paola, a Luigi, ad Auro, a Mimma, ad Ilaria, ad Euro. Penso a mio padre. Penso alla gente con cui nel circolo ci confrontiamo ogni riunione. Ed è gente normale, gente che veramente vuole cambiare il paese. Gente che viene da esperienze forti di militanza nel PCI, gente che ha vissuto l'esperienza sofferta del movimento cattolico sociale, gente che si è avvicinata al partito per mille altri motivi. Poi penso agli amici del PD con cui abbiamo movimentato un po' questi mesi: a Antonio e a Stefano che conosco da quando si era bimbetti, noi di Santo Stefano, lui di San Pio X. Penso che ci siamo incrociati mille volte per poi capire a quarant'anni che abbiamo la stessa idea di mondo, o forse l'abbiamo sempre avuta e non ce ne siamo mai accorti. Penso a quelli che ho conosciuto da poco, Samuele, Miro, Federico. Penso a Emilio con cui ci scontrammo ai tempi della Rete. Penso a Fabiano e a quanto mi sarebbe piaciuto conoscerlo e frequentarlo prima. E penso che non mi vergogno neanche un po' di quello che ho deciso di fare, di come l'ho fatto di perché l'ho fatto. E non mi crea alcun problema il continuare a farlo all'interno del PD, di un PD fatto dalla gente e per la gente, lontano anni luce dall'idea che sta passando di un partito di apparato tutto proteso ad un'autoreferenzialità suicida. Poi l'ho detto e lo ripeto: tante cose non vanno, tante dinamiche sono da cambiare, tante parole di sinistra vanno dette (o ri-dette), anzi urlate (o ri-urlate). Va fatto a Roma e va fatto a Pisa: almeno mi sento tranquillo di averlo fatto e di averlo detto, anche di averlo urlato. E mi va di continuare a farlo, tranquillamente, senza cercare la luce della ribalta. Se c'è una cosa che devo a mio padre - fra tanti scontri ed incomprensioni - è il senso del servizio. Penso di essere l'unico presidente delle Acli che non ha fatto carriera politica: c'è chi dice che è perché sono un coglione, perché ci credo veramente, anzi perché ci sto male da quanto mi tuffo nelle cose. Alla fine non me ne frega più di tanto dei giudizi: l'unica entità a cui riconosco il diritto al giudizio è la mia coscienza.
Questi sono stati mesi per me di tensione politica e personale, di lacerazione di rapporti, di fatica della/nella mediazione. Non è per me il momento della fuga ma quello della testimonianza sofferta e coerente. E non per cercare visibilità (per inciso non ho intenzione di candidarmi a nulla).
Quindi cari amici (e compagni), è giusto che ognuno faccia la sua strada, quella dove il cuore e la testa vi porta. E credo che passato questo periodo ci sarà modo di camminare insieme. Ci credo, lo spero e dobbiamo tutti fare in modo che questo avvenga, senza sentirci pregiudizialmente "nemici". Io almeno la vedo così. Il nemico è un altro.
E contro quello dobbiamo essere pronti e vigili. Certo questo nemico si insidia anche tra di noi, si nutre del pregiudizio, si pasce dell'egoismo. Prolifera nell'ambizione. È su questo che dobbiamo mantenere lo sguardo attento e vigile, la coscienza critica anche quando la critica crea tensione e dolore. Per testimoniare almeno un po' di verità e di giustizia come ci chiede la storia e la nostra coscienza e, almeno per me, anche la fede.

giovedì 14 marzo 2013

E questo è quello che dice l'altro Stefano (Landucci) ...


Landucci, il consigliere Pd si ispira al cardinal Martini


Settemila e oltre. Tanti i voti che il Partito democratico ha perso a Pisa alle ultime politiche rispetto al 2008.
Lo dice Stefano Landucci, consigliere comunale Pd, ricordando come “con molti amici e con l’associazione A Proposito di Pisa avevamo da tempo lanciato un allarme: in tanti cittadini, elettori del Pd, si percepisce una distanza crescente rispetto alle scelte, a livello locale come nazionale, del mio partito”.
“L’allarme – prosegue Landucci – si è rivelato fondato e i fatti, purtroppo, parlano chiaro: in città, alle ultime elezioni politiche, il Pd ha lasciato per strada oltre settemila voti”.
Landucci fu tra coloro che nell’autunno scorso chiesero le primarie per la scelta del candidato sindaco. Il progetto non andò in porto, ma l’obiettivo – ricorda il consigliere – era “portare all’attenzione del centrosinistra pisano alcuni temi che riteniamo cruciali per il programmas di governo della città. Temi che stanno diventando, almeno sulla carta, patrimonio di molti”.
Landucci dà un’apertura di credito a Marco Filippeschi: “Pur mantenendo dubbi e preplessità, che nascono dalle esperienze recenti, voglio guardare con fiducia e leggere in modo costruttivo le aperture del documento programmatico del sindaco”, ricandidato dal centrosinistra alle amministrative di maggio.
Poi il consigliere, per il quale l’ascolto dei cittadini è “una strada da intraprendere con decisione”, lancia alcuni spunti di riflessione, “sperando che possano contribuire a un dibattito costruttivo”.
E qui arrivano le dolenti note, perché Landucci marca una certa distanza dalle scelte dell’amministrazione di Palazzo Gambacorti.
Punto primo: “A Pisa – sottolinea Landucci – si è costruito troppo: un ulteriore sviluppo edilizio e urbanistico deve essere fatto a volumi zero. Partendo da questo principio si devono rivedere alcuni progetti: ad esempio, è necessario fare marcia indietro rispetto nella prima commissione consiliare per una variante al piano strutturale che prevede anche l’ipotesi di costruire una nuova area congressuale in zona aeroporto”.
Punto secondo: “Serve un indirizzo politico inequivoco sulla difesa dei beni comuni: occorre dare effettiva attuazione all’esito del referendum sulla gestione pubblica dell’acqua”.
Punto terzo: “Si deve rafforzare il dialogo con chi si offre come riferimento per spazi di socialità, come il Teatro Rossi o il Municipio dei Beni Comuni, spazi restituiti alla comunità che nei fatti svolgono molte e utili attività sociali e culturali. Si devono inoltre restituire al mondo associativo gli spazi delle ex circoscrizioni per incrementare la voglia e il bisogno d’incontro che il territorio esprime. Credo fermamente che non si possano governare i problemi e i conflitti sociali del nostro territorio con ordinanze, questa modalità appartiene al passato. Piuttosto si valorizzi quanto, sugli stessi temi, viene già messo in atto attraverso il terzo settore”.
Punto quarto: “Si deve porre maggiore attenzione alle periferie, troppo spesso oggetto di degrado e incuria, favorendo investimenti diffusi che contribuiscono a migliorare la qualità della vita”.
Secondo Landucci,  i cittadini “chiedono a chi amministrerà Pisa maggiore attenzione al quotidiano. Se cogliamo la sfida della vivibilità e rendiamo Pisa un luogo d’incontro, saranno tanti di più quelli che sceglieranno di viverci (o di tornarci)”.
Il consigliere Pd conclude con alcune parole del cardinale Martini: “Non occorre necessariamente avere davanti agli occhi una città ideale, ma almeno un ideale di città. Una città fatta di relazioni umane responsabili e reciproche, che ci stanno dinnanzi come un impegno etico. La città non è, dunque, il luogo da cui fuggire a causa delle sue tensioni, dove abitare il meno possibile, ma il luogo nel quale imparare a vivere”.

E questo è quello che pensa Giuseppe ...



Una riflessione sulla Campagna d'ascolto promossa dal Sindaco Filippeschi - di Giuseppe Fabbri

Ho avuto modo di leggere, devo dire con piacere, il documento politico programmatico del Sindaco Filippeschi, aperto a chi "voglia far convergere il proprio contributo".

E'una proposta che va accolta con impegno e, anche, riconoscenza. Nello scorso autunno, eravamo stati critici, talvolta anche aspramente, su alcune scelte politiche non condivise. Pur nel rispetto reciproco e nella lealtà che ha sempre contraddistinto i mutui rapporti personali, io decisi di concludere il mio impegno politico nel PD.

Sicuramente il quadro politico è cambiato, vi è stata un'accelerazione anche socio-culturale, ma devo dire che i temi proposti nel documento sono apprezzabili e ben articolati. Se la critica è costruttiva e motivata, può essere un prezioso contributo al miglioramento del vivere comune e alla crescita civile e sociale. Così come va riconosciuto un merito a una classe dirigente che ascolti anche contributi apparentemente divergenti. Ciò è tanto più importante quanto più avanzano nel paese forze massimaliste, che propongono soluzioni elementari e velleitarie a problemi complessi, con un obliquo modello latamente eversivo teso a superare il concetto di democrazia rappresentativa.
Di ciò il Sindaco è stato meritoriamente consapevole: ad una lettura attenta non sfugge che il modello proposto non è strumentale, "di tendenza", ma correttamente rivolto a proporre nuovi strumenti di partecipazione in una trama istituzionale chiara ma aperta. Un modello difficile, ma veramente innovativo e da seguire con grande interesse.
Nel merito, si ritrovano ben delineate istanze che raccolgono il frutto delle esperienze, buone e meno buone, del mandato trascorso. Ad esempio, il coraggioso piano strutturale di Area e il rilancio del litorale, le regole per il recupero urbano, il "patto di comunità", la forte presa di posizione su procedimenti trasparenti e criteri di ricambio nelle nomine. Ho modo di ritenere che questo documento dica molto di più di quanto riportato con ammirevole sintesi e leggibilità.
Appaiono ancora un po' timide le proposte sullo sviluppo economico. E' vero che Pisa ha una struttura di città del terziario pubblico, ma questo può nel medio periodo rappresentare un limite, meno avvertibile ora in tempo di crisi ove il pubblico risente meno del ciclo negativo. L'area vasta della costa toscana, dove Pisa deve avere la "centralità oggettiva" richiamata nel documento, può essere un volano di idee e di nuova imprenditoria che ancora fa fatica ad emergere, se non in contesti di nicchia. Il problema non è una sterile discussione sui confini geografici o sui capoluoghi: vanno create le condizioni per la nascita di nuovi distretti ad alta tecnologia, assistendoli solo nelle prime fasi della crescita. Non solo ICT: le direttrici di sviluppo dei prossimi anni passano prima di tutto dalle energie alternative e dal risparmio energetico, dalla mobilità, dal recupero delle risorse  e dalla riqualificazione degli edifici e delle infrastrutture materiali e immateriali. Su questi temi lavoreranno i nostri figli, che vivranno in ambienti migliori, più puliti, più rispettosi, più sostenibili. Qualche proposta:
- un protocollo esteso alla "macro provincia" che favorisca gli investimenti in questa direzione
- una tassazione locale che, nei limiti delle possibilità normative, tenda a penalizzare i "consumi" inutili, a riqualificare energeticamente gli immobili, a ridurre gli imballaggi e gli sprechi, a penalizzare le colture idrovore
- un maggior ruolo pedagogico e didattico dell'ente Parco e delle utilities partecipate per l'educazione di un cittadino più consapevole
- la promozione, con il contributo della Regione, di strumenti finanziari idonei a sostenere il costo delle riqualificazioni e riconversioni e ad attrarre investimenti privati
- L'attivazione di specifici percorsi formativi, sia a livello accademico che nella formazione professionale, anche post-diploma.

La mia lettera a Luca Daddi: "I campi rom e il fallimento della politica"



“Caro Daddi, sono Stefano Fabbri, ex presidente delle Acli Pisane dal 2000 al 2006, oggi membro dell’Assemblea comunale del Pd e del direttivo dell’associazione A Proposito di Pisa. In quest’ultima veste sono stato uno dei promotori della richiesta di primarie per l’individuazione del candidato sindaco Pd per il Comune di Pisa, richiesta poi respinta nell’Assemblea comunale del Pd nell’ottobre scorso.
Leggo sul tuo ottimo blog Poltrone Pisane due post decisamente interessanti: da un lato l’elezione a presidente provinciale Acli del mio fraterno amico Giacomo Martelli, che fu a suo tempo il segretario generale dell’associazione sotto la mia presidenza. Dall’altra le esternazioni, alquanto discutibili, di Raimondo Pistoia sul problema rom in città.
Le due cose sono legate da un filo ideale: le Acli pisane, sia sotto la presidenza di Federico Gelli che successivamente sotto la mia e in seguito quella di Emiliano Manfredonia, possono essere a buon titolo annoverate tra i soggetti che, come dice Pistoia, hanno trascinato la politica a Pisa “su terreni solidaristici di inimmaginabile sostenibilità e oggi se ne pagano le conseguenze”.
Ovviamente ogni libero cittadino, ha il sacrosanto diritto – riconosciuto dalla Costituzione – di esprimere le posizioni che ritiene opportune; mi permetto però di osservare come – nella particolare posizione in cui viene a trovarsi Pistoia, che peraltro anche tu riconosci nel tuo post – un minimo di attenzione e giudizio siano richiesti.
A questo proposito mi preme ricordare come le posizioni del Pd nazionale, espresse in più occasioni, vadano in senso ampiamente contrario rispetto a quanto sostenuto. In particolare il Pd è in prima fila tra i promotori e sostenitori di una legislazione tesa a favorire l’integrazione delle minoranze rom e sinti in Italia, iniziativa che si pone nel solco di una riflessione politica e legislativa sul tema delle minoranze etniche che lo stesso Parlamento Europeo in più occasioni ha sollecitato.
Sarebbe interessante sapere se – come tu stesso ti domandi sul tuo blog – le posizioni ed i toni espressi siano in qualche modo condivisi dall’assessore Ciccone che, in tal caso, a mio avviso, dovrebbe trarne qualche conseguenza.
La stessa domanda potrebbe essere posta al segretario comunale del Pd con il quale, anche personalmente, ho avuto modo di discutere del problema specifico trovandoci spesso su posizioni distanti, ma entrambi consapevoli della necessità di non alimentare con iniziative fuori luogo sentimenti di xenofobia o razzismo. Pisa è una città che – nonostante ciò paia disturbare oltremodo – negli anni ha dimostrato una forte capacità di accoglienza e mobilitazione, basti pensare all’attività di Africa Insieme, della Caritas Diocesana o del volontariato laico e cattolico, ad iniziative come quella di “Città Sottili”. Su questi temi i partiti invece paiono avere più difficoltà forse perché il tema va a toccare corde nel sentire comune che pericolosamente agiscono sulla leva del consenso. E’ innegabile che la situazione a Pisa oggi abbia un carattere per molti aspetti emergenziale la cui soluzione non può però essere delegata alla sola iniziativa di “prefetti e questori” come qualcuno da più parti, anche nel Pd, auspica.
A volte una parola non detta contro il razzismo pesa più di tanti discorsi sull’integrazione: il problema nasce quando anche a sinistra dobbiamo spesso ricordarci di questo fondamentale principio. Va confutato uno dei pregiudizi più diffusi per cui i rom vivrebbero nei campi per scelta: i rom vivono nei campi perché per decenni non abbiamo dato loro nessuna alternativa. Quindi scagliarsi oggi contro il sovraffollamento o le realtà insostenibili come quella di Oratoio niente altro è se non il riconoscimento del fallimento della politica, locale certo, ma anche, e qui Pistoia ha ragione, dei Comuni e Province limitrofe.
Per me, come per molti amici con cui mi sono confrontato prima di scriverti questa mail, eliminare il degrado dei campi rom deve essere un obiettivo preciso, così come lo devono essere l’affermazione e la difesa dei principi di pari dignità, di tutela dei minori, dell’uguaglianza di genere e di non discriminazione”.http://daddi-livorno.blogautore.repubblica.it/2013/02/25/i-campi-rom-e-il-fallimento-della-politica/

mercoledì 13 marzo 2013

Quello che ho detto l'11 marzo all'Assemblea Comunale del PD


Secondo una delle analisi più lucide sul voto del 24 e 25 febbraio il confronto si è giocato lungo la linea cambiamento-appartenenza. Un quarto dell’elettorato ha lasciato le vecchie appartenenze e le vecchie categorie culturali, sociali e politiche ed ha scelto di mandare un segnale di cambiamento. L’altra parte del paese, quella maggioritaria, ha dato il proprio voto al partito e alla coalizione cui si sente legato con un voto inerziale che ha perpetuato un comportamento elettorale carico di delusioni e disincanti. È necessario provare a cominciare a leggere la realtà con occhi diversi accettando una dimensione nuova in cui l’appartenenza è fluttuante, liquida. E dobbiamo, credo, mettere da parte le nostre certezze e partire da zero da una tabula rasa sulla quale ricostruire un percorso. Non credo sia il momento dei distinguo: serve l'umiltà e la fatica del costruire la categoria del nuovo tutti insieme. Se abbiamo perso lo abbiamo fatto tutti e da qui dobbiamo ripartire. Condividiamo infatti con orgoglio e consapevolezza il sentirci parte di un movimento popolare riformista di ispirazione socialdemocratica, europeista, che incarna e rielabora due tra le culture fondanti le democrazie del XX secolo: il marxismo ed il cattolicesimo sociale. È da lì che dobbiamo ripartire, dal capire insieme come rendere attuali, moderne, vincenti istanze ideali e valori universali, come presentare una buona e nuova politica, buone e nuove pratiche, che vedano il servizio, la gratuità, la partecipazione come caratteri fondanti. E che vedano nel partito un luogo di confronto e partecipazione aperta, non un’entità chiusa. impermeabile, dogmaticamente intesa. Rischiamo altrimenti la morte della politica come “forma più alta di carità”, spazzata via da un rifiuto che sfocia in un obliquo modello latamente eversivo teso a superare il concetto di democrazia rappresentativa. Penso, amici e compagni, ad un modello "di tendenza", correttamente rivolto a proporre nuovi strumenti di partecipazione con un partito mediatore di una trama istituzionale chiara ma aperta. Un modello difficile, ma veramente innovativo, da perseguire con grande energia.
La nostra proposta deve suscitare consenso e successo presso ambienti e soggetti che il partito riesce marginalmente a intercettare e rappresentare per molti motivi. Si tratta di persone e sensibilità provenienti anche da mondi vitali, ben inserite in un contesto riformista e progressista, ma lontane dalla forma istituzionale del partito. Pensavamo a questi mondi quando con amici e compagni di varia estrazione abbiamo tentato di spingere il PD a una discussione interna su temi come il ripensamento del modello di sviluppo, le politiche di inclusione, la trasparenza di scelte, atti e processi amministrativi. Siamo consapevoli di aver commesso errori che hanno nuociuto alla serenità del dibattito nel partito. Alcuni passaggi e toni nella nostra critica sono stati sbagliati ed hanno portato la dialettica politica ben sotto il confine della correttezza. Rivendichiamo però un ruolo importante nell’aver aperto un dibattito forte dentro e fuori il partito che che oggi ci porta tutti a condividere l’esigenza di un cambio di passo. Se la critica è costruttiva e motivata, può essere un prezioso contributo al miglioramento della proposta civile, del vivere comune e della crescita civile e sociale. Così come è fondamentale una classe dirigente che abbia la capacità di ascoltare anche contributi apparentemente divergenti. 
Troviamo oggi nel documento politico programmatico di Marco Filippeschi, aperto a chi "voglia far convergere il proprio contributo", temi e contenuti apprezzabili ed innovativi. Ad esempio, il piano strutturale di Area e il rilancio del litorale, le regole per il recupero urbano, il "patto di comunità", l’attenzione alle periferie, la presa di posizione su procedimenti trasparenti e criteri di ricambio nelle nomine. La sottolineatura della difesa dei beni comuni ed il riconoscimento di uno sviluppo che guardi alla compatibilità ambientale a volumi “zero” e sono passaggi importanti che auspichiamo non restino enunciati di principio. Proprio per questo pensiamo che ci siano alcuni elementi che dovrebbero essere posti al centro dell’agenda a cominciare da una revisione critica che auspichiamo porti alla rinuncia al progetto di insediamento di un’area congressuale all’aeroporto Galileo Galilei; e ancora: un rilancio dell’attività di raccolta rifiuti porta a porta; lo stop al consumo di terreno agricolo; la difesa dei beni comuni, primo fra tutti l’acqua che deve rimandere un bene assolutamente pubblico; una miglior programmazione, peraltro prevista nel piano di area vasta, tra i comuni della cintura su mobilità, rifiuti, servizi al cittadino, identità culturale. È importante che il rinnovamento che si intravede incida anche su un nuovo modello di rapporti tra politica ed amministrazione, che talvolta sono apparsi poco fluidi ed equilibrati. In questo quadro è auspicabile che la prossima amministrazione si dia un regolamento per le nomine in enti e società partecipate che faccia del merito, della trasparenza e della responsabilità i tre cardini fondamentali, per far sapere ai cittadini che abbiamo recepito la richiesta di un cambio di passo verso la nuova politica.
Sempre a proposito dell’aeroporto, senza entrare nel merito del complesso dibattito sulla società unica, è da valutare una politica commerciale volta ad un maggior equilibrio tra vettori – low cost e non – per evitare quanto accaduto ad esempio al Catullo di Verona che avrebbe effetti devastanti sulla situazione economica cittadina e sugli investimenti del People Mover.
Le direttrici di sviluppo dei prossimi anni passano prima di tutto dalle energie alternative e dal risparmio energetico, dalla mobilità, dal recupero delle risorse e dalla riqualificazione degli edifici e delle infrastrutture materiali e immateriali, dal turismo sostenibile e verde. In questo senso riteniamo prioritario penalizzare i "consumi" inutili, riqualificare energeticamente gli immobili, ridurre gli imballaggi e gli sprechi. Allo stesso modo perché non investire in un maggior ruolo pedagogico e didattico dell'ente Parco e delle utilities partecipate per l'educazione di un cittadino più consapevole, a partire dalle scuole?
Ci sono molte altri temi e proposte che riteniamo qualificanti come la programmazione a medio e lungo termine del trasporto pubblico urbano e suburbano; l’individuazione di un modello di turismo più consapevole che parta dalla valorizzazione delle eccellenze, prima tra tutte il Parco di San Rossore ed il nostro litorale: in questo senso è per noi non percorribile ogni ipotesi di asfaltatura delle cosiddette strade bianche che collegano l’abitato di Marina alla pineta e alla campagna o di costruzione di nuove strade nella pineta; ancora, il rafforzamento di un dialogo con tutte le istanze che in città pongono il problema degli spazi di socialità (pensiamo al Teatro Rossi o al Municipio dei Beni Comuni). La linfa vitale di una città passa dal suo essere e sentirsi una comunità coesa e solidale. Pisa vive oggi lacerazioni che l'amministrazione deve governare investendo nella partecipazione, nella sussidiarietà che il terzo settore esprime, definendo e garantendo i livelli essenziali dei servizi che essa si impegna ad assicurare. Sono questi gli elementi essenziali su cui fondare un nuovo patto sociale, perché nel dialogo e nel confronto possa ricostruirsi un progetto condiviso di società. Allora una città accogliente aiuta i bambini, i cittadini di domani, ad andare a scuola senza distinzione basata sul possesso del permesso di soggiorno o la regolarità dell'abitazione che i genitori sono in grado di garantire. Una città coesa investe nei quartieri, nelle periferie, per creare spazi aperti di aggregazione e partecipazione: le scuole, le circoscrizioni, ogni edificio pubblico può e deve diventare uno spazio dove l'incontro, e le possibilità di ascolto si moltiplicano, dove si pratica la solidarietà e la gratuità, dove poi l’amministrazione fa una sintesi nell’interesse della collettività. Una città che non teme di affrontare i problemi complessi del territorio supera l'esperienza delle ordinanze ed investe nella mediazione, mettendo al centro del sistema le persone, perché gli ultimi – al pari dei cittadini – sono sempre persone che hanno dignità ed umanità. Una città che promuove benessere pratica l'integrazione delle politiche, pianifica il territorio pensando primariamente alla salute, consolida le reti di buone prassi ed investe in prevenzione assumendosi l'onere di assicurare servizi equi ed accessibili per tutti i cittadini. In sintesi ci piacerebbe che nella nostra immagine di città ci fosse spazio per una “Pisa città dell’uomo a misura d’uomo”. Come diceva Lazzati infatti “con questa espressione poniamo subito l’uomo al suo posto e si può su di esso fissare l’attenzione come su colui dal quale la città prende vita e verso il quale la città è volta come a proprio fine”.
Ed è per tutto questo che speriamo sinceramente possano essere avviati dei reali e leali percorsi di condivisione degli elementi programmatici che ho illustrato perché possano trovare spazio nel programma di mandato, per garantire al Partito Democratico un successo il più ampio possibile. In questo senso riteniamo che l’allargamento della coalizione a Sinistra e Libertà rappresenti un passo importante che interpreta un sentire diffuso nonché l’esigenza strategica di conformarsi alla realtà politica nazionale e locale. È necessario che in campo scendano tutte le forze responsabili e che si presentino alle elezioni portando insieme contenuti e volti: persone credibili  e rappresentative che tolgano quanto spazio possibile al Movimento 5 stelle e al suo qualunquismo.